LA LEZIONE DI SCUOLA DI CRISTIANESIMO: LA PROPOSTA CENTRALE DEL MOVIMENTO
Nella storia del nostro Movimento è da sempre essenziale che tutte le comunità si ritrovino per un appuntamento di catechesi, che attui una formazione permanente. In ogni comunità la lezione di Scuola di Cristianesimo, nel riferimento all’intervento mensile di P. Antonio, si configura come:
- “Una Scuola”. Per far sì che un lavoro di formazione raggiunga davvero gli obiettivi che si prefigge, è necessario attenersi con serietà ad alcuni contenuti e ad un metodo, che a sua volta sia appropriato ad una “Scuola”; questa parola evoca infatti la serietà dell’impegno di chi vuole imparare qualcosa, con cura e diligenza.
- “… di Cristianesimo”. Questa seconda parola precisa l’oggetto del nostro lavoro; non si tratta di una “scuola” di emozioni, di riflessioni teoriche, di condivisioni generiche, etc. se non nella misura in cui tutto questo si rapporti e si confronti con l’avvenimento cristiano. E l’avvenimento cristiano è una Persona, la sola che può aprire nuovi e sconfinati orizzonti, la sola che racconta di un profondo stupore verso l’uomo e verso la vita: Gesù Cristo.
I “GRUPPI DI COMUNIONE”: LA CONDIVISIONE DELLA SCUOLA DI CRISTIANESIMO
Dopo che la lezione è stata proposta, la comunità si “divide” e lavora in “gruppi di comunione” al fine di garantire a tutti una maggiore concretezza di relazioni, di possibilità di condivisione e di confronto. Per il lavoro personale e di gruppo sulla Scuola di Cristianesimo è importante tener presente gli aspetti seguenti:
- La comprensione dell’annuncio cristiano: si tratta delle verità che Dio ci ha rivelato in Cristo, e queste verità vanno comprese e amate (ma non si può amare ciò che non si conosce o non si capisce!). Chi è responsabile di un gruppo di Scuola di Cristianesimo deve dunque aiutare gli altri innanzi tutto nella comprensione del testo, e chi “fa” Scuola di Cristianesimo deve a sua volta cercare di leggerlo e di capirlo. Bisogna quindi ricorrere alla semplicità del cuore, ma anche all’intelligenza che Dio ci ha donato, per lasciarci implicare interamente “dalla testa ai piedi”: ragione, cuore, volontà e azione.
- Il giudizio sulla vita: la Scuole di Cristianesimo deve tendere a suscitare criteri di valutazione sul vissuto quotidiano e sui problemi del nostro mondo. Questi criteri devono in parte essere esemplificati da chi guida la Scuola di Cristianesimo e da chi vi partecipa (nell’atto stesso in cui si affronta il testo); e in parte devono essere frutto della nuova attenzione con cui ci si educa a guardare la vita e gli avvenimenti, in base alla Scuola di Cristianesimo.
- Il momento ascetico ed operativo: le verità comprese e i giudizi appresi non si radicano nell’uomo se non generano decisioni pratiche e comportamenti adeguati. Questo è vero sia a livello personale (che cosa devo cambiare nella mia vita per obbedire alla Verità che mi raggiunge e per fare davvero la volontà di Dio? cosa posso fare?), sia a livello comunitario (che cosa possiamo fare? cosa correggere?).
- Il “posto” dell’orazione: il lavoro personale di riflessione sul testo può benissimo essere abbinato con quel momento di “preghiera mentale” (15 minuti) al quale dobbiamo impegnarci quotidianamente. L’importante, in tal caso, sarà ricordare che nella preghiera la parte di riflessione sarà più limitata, mentre dovrà essere il più possibile ampio e profondo il momento del colloquio con Dio, “a tu per tu”, e della quieta “attenzione amorosa” a Lui.
LE ATTIVITÀ E GLI INCONTRI DI CARITÀ, DI SERVIZIO ALLA COMUNITÀ, DI CULTURA E DI MISSIONE: LA TRADUZIONE OPERATIVA DELLA SCUOLA DI CRISTIANESIMO
Il metodo del Movimento – e la stessa Scuola di Cristianesimo – resterebbero in qualche modo incompiuti senza una declinazione concreta dei contenuti appresi e condivisi, che dovrà esprimersi in almeno una delle forme qui indicate, che aiutano a far diventare la Scuola di Cristianesimo una vera e propria “vita”:
- La vita di carità. In ciascun “gruppo di comunione” dovrebbe essere proposta una forma di impegno nella carità; dove possibile, è particolarmente fecondo che il gruppo intero si dedichi ad un’opera condivisa di carità, legata al Movimento o anche esterna. Se questo non è possibile tale impegno condiviso può essere proposto solo ad una parte del gruppo; in ogni caso, a tutti sia ricordata l’importanza di un’ attenzione quotidiana ed ordinaria alla carità (in particolare familiare), che poi sia oggetto di testimonianza e di condivisione al momento dell’incontro.
- La vita di partecipazione e di servizio alla propria comunità. Insieme all’impegno nella carità, o anche come sua traduzione concreta, sia proposta la possibilità per tutti i membri del gruppo (o per alcuni di esso) di svolgere attività di segreteria e di servizio per la comunità locale; uno slogan adatto per esprimere questo ideale, e già efficacemente sperimentato in alcune comunità, è: “A ciascuno un compito!”.
- La vita culturale. Ogni gruppo di comunione, così come i suoi singoli membri, possono coltivare la passione e l’impegno in attività culturali che – o in modo spontaneo o con riferimento ai gruppi culturali delle varie Comunità – consentano di legare il giudizio della Scuola di Cristianesimo con la realtà concreta.
- La vita di missione. Ogni gruppo dovrebbe interrogarsi sulla propria disponibilità missionaria, espressa nell’invitare gente nuova agli incontri e nel voler conoscere ed accogliere le persone nuove che hanno appena incontrato il Movimento. Il gruppo può inoltre interrogarsi sulla possibilità, anche solo saltuaria, di adoperarsi – anche solo con alcuni suoi membri – per stabilire relazioni e visite reciproche con un’altra Comunità più piccola o in crescita, e per averne una cura particolare nel tempo. Sia inoltre sempre sollecitata l’attenzione dei membri del gruppo alle opere e alle esperienze di missione del Movimento.