“Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice ad un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato… E sono solo io- io ormai così imbastardito – a farla adesso tanto lunga. Per loro, non c’era allora neppure l’ombra di una riflessione. Il lavoro stava là. Si lavorava bene. Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro in se che doveva essere ben fatto”. (Charles Péguy – L’argent- 1914)
Non è raro sentire sul proprio luogo di lavoro la lamentela della fatica, della noia, del non senso. La domanda più frequente che in questi ultimi tempi ci rivolgiamo noi di una certa età “lavorativa” è: “quando vai in pensione?“ Come se il lavoro fosse un elemento negativo, qualcosa che ci priva di un di più di realizzazione.
Eppure quando il lavoro viene a mancare o viene interrotto come è accaduto in questi ultimi tempi, qualcosa ti manca. E non è solo la paura di un mancato guadagno, è un qualcosa che ti manca perché viene meno una parte di ciò che ti costituisce.
Siamo fatti per realizzare un progetto che ci è affidato. Ci è stato affidato il compito di portare a compimento l’opera del Signore. Siamo artefici della Salvezza in collaborazione con il Signore.
Allora oggi 1° Maggio festa del lavoro festeggiamo perché anche il lavoro è un dono che il Signore ci fa per rendere manifesto il progetto di una umanità capace di custodire i suoi doni. Capace con il lavoro di costruire una socialità, un rapporto tra il tuo atto creativo ed il bene dell’altro.
Gabriele Tomasoni