A cinque anni dalla Laudato si’, papa Francesco firma la nuova enciclica Fratelli tutti, rinnovando l’appello ad una profonda conversione e a un radicale cambiamento del nostro modo di vivere, in questo tempo drammatico di pandemia.
A partire da questa settimana, come guida alla lettura, proponiamo, suddivisa in cinque parti, la riflessione di Antonio Spadaro, gesuita, giornalista, teologo, critico letterario e accademico italiano, attuale direttore della rivista La Civiltà Cattolica.
“Fratelli tutti” declina insieme la fraternità e l’amicizia sociale. Questo è il nucleo centrale del testo e del suo significato. Il realismo che attraversa le pagine stempera ogni vuoto romanticismo, sempre in agguato quando si parla di fratellanza. La fratellanza non è solamente un’emozione o un sentimento o un’idea – per quanto nobile – per Francesco, ma un dato di fatto che poi implica anche l’uscita, l’azione (e la libertà): «Di chi mi faccio fratello?».
La fratellanza così intesa capovolge la logica dell’apocalisse oggi imperante; una logica che combatte contro il mondo perché crede che questo sia l’opposto di Dio, cioè idolo, e dunque da distruggere al più presto per accelerare la fine del tempo. Davanti al baratro dell’apocalisse, non ci sono più fratelli: solo apostati o «martiri» in corsa «contro» il tempo. Non siamo militanti o apostati, ma fratelli tutti.
La fratellanza non brucia il tempo né acceca gli occhi e gli animi. Invece occupa il tempo, richiede tempo. Quello del litigio e quello della riconciliazione. La fratellanza «perde» tempo. L’apocalisse lo brucia. La fratellanza richiede il tempo della noia. L’odio è pura eccitazione. La fratellanza è ciò che consente agli eguali di essere persone diverse. L’odio elimina il diverso. La fratellanza salva il tempo della politica, della mediazione, dell’incontro, della costruzione della società civile, della cura. […] Occorre riscoprire questa potente parola evangelica, ripresa nel motto della Rivoluzione Francese, ma che l’ordine postrivoluzionario ha poi abbandonato fino alla sua cancellazione dal lessico politico-economico. E noi l’abbiamo sostituita con quella più debole di «solidarietà», che in Fratelli tutti comunque ricorre 22 volte (contro le 44 di «fraternità»). Ha scritto Francesco in un suo messaggio: «Mentre la solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali, la fraternità è quello che consente agli eguali di essere persone diverse».
Il riconoscimento della fratellanza cambia la prospettiva, la capovolge e diventa un forte messaggio dal valore politico: tutti siamo fratelli, e quindi tutti siamo cittadini con uguali diritti e doveri, sotto la cui ombra tutti godono della giustizia.
La fratellanza è poi la base solida per vivere l’«amicizia sociale». Papa Francesco nel 2015, parlando a L’Avana, ha ricordato che una volta era andato in visita in un’area molto povera di Buenos Aires. Il parroco del quartiere gli aveva presentato un gruppo di giovani che stava costruendo alcuni locali: «Questo è l’architetto, è ebreo; questo è comunista, questo è cattolico praticante, questo è…». Commentò il papa: «Erano tutti diversi, ma tutti stavano lavorando insieme per il bene comune». Francesco chiama questa attitudine «amicizia sociale», che sa coniugare i diritti con la responsabilità per il bene comune, le diversità con il riconoscimento di una fratellanza radicale.[…].
Sin dalle prime battute si pone in rilievo come Francesco d’Assisi estendesse la fraternità non solamente agli esseri umani – e in particolare agli abbandonati, ai malati, agli scarti, agli ultimi, andando oltre le distanze di origine, nazionalità, colore o religione – ma anche al sole, al mare e al vento (cfr nn. 1-3). Lo sguardo è quindi globale, universale. E così lo è il respiro delle pagine di papa Francesco. […].Non poteva restare estranea, questa Enciclica, alla pandemia di Covid-19 scoppiata inaspettatamente. Al di là delle varie risposte date dai diversi Paesi – scrive il Papa –, è emersa l’incapacità di agire congiuntamente, nonostante possiamo vantarci di essere iperconnessi.
Scrive Francesco: «Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”»”.
(Antonio Spadaro, in La Civiltà Cattolica,
Quaderno 4088, 2020, vol IV, pp. 105-106).