Mosul, Qaraqosh, Erbil. Il pellegrinaggio di Papa Francesco nelle terre del martirio contemporaneo. Il Papa ricorda “lo sfollamento forzato di molte famiglie cristiane dalle loro case. Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente, è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle. In effetti, un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri, per quanto piccolo. Come in uno dei vostri tappeti artistici, un piccolo filo strappato può danneggiare l’insieme”.
Ci fosse Dante! Con i suoi versi ci mostrerebbe al vivo gli occhi santi e commossi di Giovanni Paolo II che dal cielo ha accompagnato Papa Francesco in questi giorni benedetti. Ciò che a lui fu impedito per scongiurare quella maledetta guerra, è stato permesso a Papa Francesco in questo viaggio da “penitente”.
Le cose, i gesti, le parole, gli incontri da sottolineare sono infiniti. Io mi soffermo su un particolare forse insignificante e persino banale. Nella grande celebrazione sulla piana di Ninive c’erano quasi tutti i cristiani sopravvissuti. Si respirava un entusiasmo, un mite orgoglio e, particolare che ha colpito la mia attenzione: tutti vestiti a festa, belle e belli negli abiti migliori. Un tappeto favoloso, un segno di speranza per loro e per noi.
P. Gino Toppan