Oggi 15 ottobre celebriamo la solennità di S. Teresa d’Avila, nostra madre nella fede.
Riproponiamo un articolo di P. Antonio M. Sicari, pubblicato nel 1970, in occasione della proclamazione della santa a “Dottore della Chiesa” sulla rivista “S. Teresa del B. Gesù” .
C’era una meravigliosa immediatezza infantile nella fuga che – a 7 anni – spingeva Teresa lontano, alla scoperta di Dio.
Con quel fattivo entusiasmo, che l’avrebbe poi sempre caratterizzata, aveva spiegato pazientemente al fratellino Rodrigo che lei Dio voleva vederlo, ma subito! Ed erano fuggiti, incontro a uno sperato martirio.
La vita però avrebbe condotto questa piccola hidalga a incontrare Dio dopo un lungo corso di fatiche e d’amore offerte alla ricostruzione e al bene del suo regno terreno: la Chiesa.
Ad Alba de Tormes, morente, Teresa l’aveva ormai capito e vissuto e poté riandare al suo desiderio di bimba, che si ripresentava ora filtrato attraverso la lunga esperienza degli anni:
«Mio Signore – ripeté – è ormai tempo che ci vediamo» e dopo un breve silenzio, quasi riflettendo ne trovò la ragione: «Dopo tutto, Signore, … sono figlia della Chiesa!».
Lo era divenuta a ogni passo, man mano che la vita le aveva svelato con tono a volte persuasivo, a volte esigente, questa ineffabile maternità della Chiesa.
Non era stata allora una Chiesa trionfante, tranquilla, rispettata. Era la Chiesa della Riforma, delle lotte, delle ribellioni; che soffriva del duello politico tra Spagna e Francia, delle stragi religiose tra cattolici, calvinisti e luterani; la Chiesa armata dell’Inquisizione che tentava tristemente di reagire coi suoi roghi all’esaltazione del secolo XVI che tutto volevo discutere e sovvertire; la Chiesa tradita nei suoi desideri missionari dai Conquistatori che nelle nuove terre cercavano oro e perdevano anime.
Nel monastero dell’Incarnazione di Avila, Teresa era giunta ormai alla piena maturità di energie intellettuali e spirituali, preparata da lunghi travagli interiori, dai sofferti ondeggiamenti tra il semplice bene o il non-male e il «perfetto», ormai placati nella luce di Dio.
La Chiesa l’aveva curata con sollecitudine nella persona dei suoi sacerdoti, dei suoi Santi – pensiamo a S. Francesco Borgia e a S. Pietro d’Alcantara -, dei suoi dottori, per prepararla a un futuro e grande servizio.
Ella era così pervenuta a grandi altezze, eppur tuttavia contemplava ancora il mondo dal verde parco che si poteva ammirare dalla sua cella spaziosa e confortevole.
Finché Dio stesso la colpì con una ispirazione dapprima incerta e generica: una riforma dell’Istituto, una vita più modesta, più ritirata, più povera, ma tuttavia ancora quieta, ancora riposante: «Da principio non era mia intenzione stabilire tanto rigore, avrei voluto non mancasse nulla…»
Poi la rivelazione sconvolgente che la Chiesa Madre esige dai figli coerenza assoluta in tutto quello che può condurla più vicino a Cristo: «In quel tempo ebbi però notizia dei danni e delle stragi che i luterani facevano in Francia. Ne provai una gran pena: mi pareva che per salvare un’anima sola, delle molte che si perdevano, avrei dato mille volte la vita».
Nacque così in lei il desiderio insopprimibile di divenire in un senso più totale l’amica di Dio, e quindi con una piena Comunanza di interessi: «Pregando per i difensori della Chiesa, per i predicatori, per i dotti che la sostengono avremmo fatto quanto stava in noi per aiutare questo mio dolce Signore che questi traditori vogliono un’altra volta crocifiggere, non lasciandogli alcun luogo dove posare la testa».
Da questa prima esperienza e risoluzione l’anima di Teresa restò sensibilizzata nel modo più acuto a tutti i problemi religiosi: le nasce in cuore il desiderio efficace di popolare la Spagna di minuscoli conventi dove raccogliere anime attente e lì stare come in attesa – in povertà e preghiera – per captare ogni voce che potrà farle partecipi dei drammi e del destino di questa Chiesa amata: sono i primi monasteri di Carmelitane Scalze.
In questo stato, una seconda esperienza dolorosa: la voce di un missionario delle Indie venne a proporle il quadro, sconsolato nell’immensità del bisogno, di popoli interi che oltreoceano si perdevano per mancanza di evangelizzatori.
La donna forte si sentirà prostrata: «Quanto mi costano questi indios!» scriveva. Ritiratasi piangente in un romitorio cercò un mezzo per «contribuire a salvarne qualcuno».
Da tante lacrime, nacque la sua seconda creatura: «Aspetta figlia – le disse Dio in una visione – e vedrai grandi cose»: avrebbe visto e operato la riforma anche dei Carmelitani, destinati a quell’apostolato che era impossibile alle claustrali.
Sono queste le due tappe principali della vita di Teresa, in cui Elia venne a stretto filiale colloquio con la Chiesa Madre: colloquio che le sarebbe costato lacrime, sofferenze, sacrifici, viaggi, interessi materiali da salvare o da risolvere, infortuni, snervanti ricerche calunnie e persecuzioni: ma su tutto la gioia per quei numerosi «colombai» che sorgevano ad arricchire di Grazia la Chiesa.
Però c’era insieme un’ansia continua, che i frati e le monache non declinassero mai un attimo dal loro compito, non perdessero di vista le necessità di tutto il popolo cristiano.
Nascono così, oltretutto, le sue opere, scritte con passione, pregne di insistenti richiami alla fedeltà, alla preghiera, alla esperienza del divino, all’obbedienza.
È così commovente, e così alieno dalla nostra sufficienza, sentirla affermare di essere «dispostissima a soffrire una minima cerimonia, stabilita dalla Chiesa»; vederla postillare i suoi scritti, altissimi per sapienza e dottrina, con umiltà e tremore: «Se dirò cose sbagliate, sarà perché non me ne intendo: non voglio allontanarmi in nulla da quanto insegna la Madre Chiesa e a lei mi sottometto».
Ma questa Madre invece godeva nel ricevere tanti tesori di dottrina che la facevano sentire più giovane, più ricca di vitalità d’amore e di grazia.
Per quattro secoli la Chiesa ha meditato gli insegnamenti straordinari di questa santa, ed oggi, per la prima volta nella sua storia bimillenaria, pone l’umile monaca carmelitana tra i suoi “Dottori”: «Sono figlia della Chiesa» aveva detto Teresa.
Ma oggi la Chiesa la vuole per tutti maestra.
P. Antonio Maria Sicari