San Giovanni Paolo II, «un dono di Dio»

Il centenario della nascita di Karol Wojtyła (18 maggio 1920) è una felice circostanza per rendere omaggio a questo straordinario «testimone» di Cristo e della dignità e grandezza dell’uomo. Anche se al momento della sua elezione a pontefice egli non era molto conosciuto nel mondo occidentale, in breve tempo la sua persona, il suo magistero e la sua azione pastorale sono diventate un punto di riferimento e di confronto per tutto il mondo, anche per quella parte che non ne condivideva le sue scelte.

Davanti a personalità cosi ricche, il rischio che si corre è sempre quello di imprigionarle in facili e comodi schemi interpretativi. Il primo ad essere conscio di questo fatto è stato lo stesso Giovanni Paolo II. A quasi vent’anni di pontificato, il 7 marzo 1996, a George Weigel, il suo più autorevole biografo, fece questa confidenza: «Cercano di capirmi dal di fuori. Ma io posso essere capito solo dal di dentro». 

Nel febbraio 1979, quando era pontefice solo da cinque mesi, allo scrittore russo e Premio Nobel per la Letteratura Aleksandr Solzenicyn, allora esule negli Stati Uniti, venne chiesto che cosa pensasse del nuovo pontefice. Egli rispose semplicemente con queste parole: «E poi, certo, non si può non considerare il nuovo papa un segno dei tempi. È … è …: non ci sono parole. È un dono di Dio».

Per il tempo in cui furono pronunciate, il 1979, le parole di Solzenicyn risuonano straordinariamente acute e lungimiranti. Sarebbe un peccato se di quel «dono di Dio» non si facesse un tesoro, di cui ringraziare Chi lo ha donato.

A conclusione di questo breve ricordo di Giovanni Paolo II riportiamo tre suoi brevi testi che forse permettono di capirlo un po’ «dal di dentro».

Il primo è scritto nel novembre 1970 durante i giorni dei suoi esercizi spirituali, il cui tema era «Il triplice senso dell’episcopato»:

«Prima di tutto, in questi ultimi mesi, pieni di esperienze umane, aumentava il bisogno di qualche più piena espressione dell’affidarsi al Signore Dio.
Le impostazioni di questo affidamento sono state fatte attraverso l’offerta al Sacratissimo cuore di Gesù e l’atto della “santa schiavitù”: “… il corpo e l’anima mia, tutti i beni interiori ed esteriori, pure il valore delle mie buone opere … lasciandoTi (o Madre) il pieno totale diritto di disporre di me e in tutto ciò che appartiene a me, per la gloria maggiore di Dio nella vita e nell’eternità …”.

Nel campo di questo atto fondamentale e dell’affidamento desidero: 1° essere a disposizione assoluto del Signore Gesù per quanto riguarda il servizio e il modo di dare il servizio al Popolo di Dio, nella Chiesa; 2° accettare tutte le esperienze che secondo il suo pensiero e la sua volontà appartengono all’insieme della mia via terrena; 3° pregando soltanto la Grazia di essere capace di accettare, cominciare, servire».

Il secondo risale all’aprile 1978, sei mesi prima dell’elezione a pontefice, ed è tratto dall’omelia che egli tenne in occasione del ventesimo anniversario della nascita del Club degli intellettuali cattolici di Cracovia. Sono parole che si riferiscono alla sua stessa vita prima che a quella dei suoi interlocutori:

«Avendo assunto l’appellativo di cattolici, difficilmente possiamo desiderare qualcosa di più dell’auspicio che Cristo si serva di noi. Che si serva di noi in questo nesso sostanziale che dall’eternità corre tra il Padre e Lui, tra il Padre, lui e noi; noi tutti e ciascuno di noi» .

Il terzo è tratto dall’omelia che l’8 aprile 1994 egli pronunciò a conclusione dei restauri della Cappella Sistina:

 «La Cappella Sistina è il luogo che, per ogni Papa, racchiude il ricordo di un giorno particolare della sua vita. Per me, si tratta del 16 ottobre 1978. Proprio qui, in questo spazio sacro, si raccolgono i Cardinali, aspettando la manifestazione della volontà di Cristo riguardo alla persona del Successore di san Pietro. Qui ho udito dalla bocca del mio rettore di un tempo Maximilien de Furstenberg le significative parole: “Magister adest et vocat te”. In questo luogo il Cardinale Primate di Polonia Stefan Wyszynski mi ha detto: “Se ti eleggeranno, ti prego di non rifiutare”. E qui, in spirito di obbedienza a Cristo e affidandomi alla sua Madre, ho accettato l’elezione scaturita dal Conclave, dichiarando al Cardinale Camerlengo Jean Villot la mia disponibilità a servire la Chiesa».

Padre Aldino Cazzago, ocd

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