«Siamo stati amati da Dio con un Cuore che è fatto come il nostro stesso cuore!».
È questo il più bel significato e l’aiuto più profondo che ci viene donato dall’antica devozione al «Sacro Cuore».
Già San Bernardo amava rivolgersi a Gesù con queste parole: «Il tuo Cuore è stato ferito, o Signore, perché io possa abitare in te. Com’è bello abitare nel tuo Cuore!».
E le grandi mistiche medievali che coltivarono questa devozione in maniera straordinaria (santa Matilde, S. Gertrude, Santa Lutgarda, Santa Angela da Foligno, Santa Margherita da Cortona e Santa Caterina da Siena) erano tutte persuase che solo nel cuore ferito di Gesù può essere contemplato l’Amore, e ardevano dal desiderio di potervi penetrare, nell’attesa che “il Suo cuore diventi il nostro stesso cuore”.
Una avvertenza è, tuttavia, necessaria: quando leggiamo questi testi medievali pieni di tenerezze, di abbracci, di baci e ascoltiamo racconti mistici che parlano addirittura di “uno scambio del cuore”, non dobbiamo dimenticare che essi esprimono solo, con tanta forza drammatica straordinaria, la più umile preghiera che ogni cristiano può fare e che – fino a qualche anno fa – era normale per tutti come una giaculatoria: “Gesù, mite e umile di cuore, fa’ il cuore mio simile al tuo!”.
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Nel Movimento Ecclesiale Carmelitano abbiamo precisato così la devozione al Cuore di Gesù: «Essa, non deve indurci soltanto a custodire nel nostro intimo dei sentimenti affettivi, ma deve diventare contemplazione del mistero d’Amore che si è aperto, per grazia, davanti ai nostri occhi. Nel cuore di Gesù dobbiamo imparare a comprendere il cuore di Dio, il cuore dell’uomo, il cuore della Chiesa, il cuore del mondo… Si tratta, insomma, di imparare l’Amore, in tutti i suoi legami e in tutte le sue esigenze: l’amore esige perdono, maturazione, pienezza. Una moderna poetessa carmelitana lo ha cantato così: «Il Cuore… / si offrì alla lancia del soldato / venne squarciato e ne zampillò sangue ed acqua, / torrenti di misericordia e di grazia, / fiumi di pace. / Levate lo sguardo al Trafitto, / fissatelo nelle sue profondità / voi che lo trafiggeste! / Contemplate il Cuore nel Cuore! / Toccatelo! / Voi che lo avete aperto, / entrate!» (Oda Schneider). Del resto i carmelitani conservano nella loro tradizione il caro ricordo della “ferita mistica del cuore”, ricevuta da Santa Teresa d’Ávila; il piccolo poema di San Giovanni della Croce sul pastorcico innamorato che muore «col petto dall’’amor tutto ferito»; senza poter dimenticare l’ardore appassionato che Santa Margherita Redi del Cuore di Gesù ci ha lasciato in eredità».
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Una importante attualizzazione della devozione al Sacro Cruore di Gesù si è affermata, inoltre, nella Chiesa con la bella riflessione del Santo Curato d’Ars che amava dire: «Il sacerdote è l’amore del cuore di Cristo». E ciò spiega perché la festa del Sacro Cuore sia diventata anche giornata di preghiera «per la santificazione del Clero».
Oggi ai nostri sacerdoti è particolarmente indicata questa preghiera che il santo Curato amava ripetere:
« Ti amo, o mio Dio, e il mio solo desiderio / è di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita. / Ti amo, o Dio infinitamente amabile, / e preferisco morire amandoti / piuttosto che vivere un solo istante senza amarti. / Ti amo, Signore, e l’unica grazia che ti chiedo / è di amarti eternamente. / Mio Dio, se la mia lingua / non può dirti ad ogni istante che ti amo, / voglio che il mio cuore te lo ripeta / tante volte quante volte respiro. / Ti amo, o mio Divino Salvatore, perché sei stato crocifisso per me, / e mi tieni quaggiù crocifisso con Te. / Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti / e sapendo che ti amo. Amen».
P. Antonio Maria Sicari ocd