Intervista a Bebe Vio a cura di Cristina Pietta e Meri Polito
©Dialoghi Carmelitani, ANNO 17, NUMERO 4, Dicembre 2016

Dopo il selfie con Obama in occasione della cena dell’ottobre scorso alla Casa Bianca con Renzi e le altre eccellenze italiane, chi non conosce Bebe Vio? Ma non è certo questo il motivo che ci ha spinte ad intervistare questa ragazza e la sua famiglia, che di fronte ad un evento che avrebbe spezzato le ali ad ognuno di noi, hanno saputo rinnovare tutto il loro amore per la vita attraverso lo sport e l’impegno sociale.

Beatrice Maria Vio, detta Bebe, diciannovenne di Mogliano Veneto, ripete ogni volta che può che la vita è una meraviglia. (Bebe usa una espressione più colorita, ndr). Quando le chiediamo l’origine del suo sorriso contagioso, della sua gioia di vivere che traspare dal suo sguardo e dalle sue parole, ci risponde: «Non potrei essere triste e depressa, sono sopravvissuta e credo che non ci sia niente di piu bello di vivere la vita».

La sua giovane esistenza viene brutalmente rivoluzionata da una malattia fulminante che, da un giorno all’altro, le stravolge letteralmente la vita, facendole sperimentare ogni cosa da una prospettiva nuova e, sentendola parlare, verrebbe da dire persino migliore.

Bebe affronta ogni situazione con forza ed entusiasmo e parla in modo spiazzante della bellezza di ciò che si trova a vivere ogni giorno, e questo vale anche per le fatiche che l’hanno accompagnata subito dopo la malattia, su cui però poco si sofferma, perché spontaneamente il suo ricordo torna alla bellezza degli incontri fatti, al divertimento inaspettato, alle avvincenti sfide quotidiane nel dover reimparare ad essere autonoma e a tutta la ricchezza personale che ha ricevuto.

Qual è dunque il senso della vita? «Bisogna godersela e vivere a pieno ogni singolo istante». Questa la sua “semplice” ricetta.

Bebe nasce a Venezia il 4 Marzo 1997. Da piccola è una bambina appassionata del disegno, dell’esperienza con gli Scout e soprattutto della scherma. A undici anni viene colpita da una meningite fulminante; la malattia degenera e causa un’estesa infezione che rende necessaria l’amputazione di tutti e quattro gli arti per poterle salvare la vita. Comincia una storia di dolore e fatica, ma anche di decisione e speranza.

Subito dopo la malattia si sottopone a riabilitazione motoria e fi sioterapia per poter riprendere l’attività sportiva ed agonistica come schermitrice. Una strada dura ed impervia che i medici reputano impossibile da percorrere nelle sue condizioni e che la tecnologia (necessaria per la realizzazione di protesi specifiche) è inizialmente incapace di supportare: ma Bebe è testarda e determinata e questo la porterà a realizzare il suo sogno.

Nel 2009 i genitori di Bebe fondano art4sport, una Onlus di sostegno all’integrazione sociale tramite lo sport per i bimbi che hanno subito amputazioni. Sport come terapia per ragazzi disabili portatori di protesi di arto. Questa associazione si rivolge ai ragazzi con lo stesso tipo di disabilità di Bebe e che hanno la stessa passione per lo sport. Si occupa di raccogliere fondi per acquistare protesi e attrezzature sportive e per sostenere le famiglie che si trovano ad affrontare queste diffi coltà.

Infatti – racconta Bebe – «Non basta portare avanti il singolo atleta ma tutta la sua famiglia, perche se non hai una famiglia che ti aiuta e ti sostiene non sei nessuno». Bebe parla spesso della sua famiglia, del sostegno e della forza che le hanno dato i suoi genitori. Spiega: «Rappresentano un elemento fondamentale della mia vita. La mia famiglia e la mia prima squadra e quindi, dopo la vittoria dell’oro a Rio, non vedevo l’ora di andarli ad abbracciare tutti».

Anche i genitori di Bebe, Ruggero e Teresa, ci raccontano di aver sperimentato questa unità: «Bebe e stata ricoverata per 104 giorni all’ospedale di Padova. E stato un periodo molto duro e diffi cile ma con l’unione familiare e la vicinanza di molte persone ce l’abbiamo fatta. La forza ce la siamo data tutti insieme, Bebe dice sempre che le sue “famiglie” sono fondamentali e questa e stata la sua e la nostra forza».

Bebe è la prima atleta dell’art4sport team. Nel 2010 disputa la sua prima gara uffi ciale a Bologna e da lì in poi è un susseguirsi di gare esaltanti e piene di soddisfazioni.

Nel 2011 è campionessa italiana under-20 nella scherma paralimpica e nel 2012 e 2013 campionessa italiana assoluta. Nel 2014 trionfa ai Campionati Europei di scherma e nel 2015 nella Coppa del Mondo in Ungheria. Nel 2012 è tra i tedofori ai Giochi paralimpici di Londra; nel 2016 ha sfi lato come portabandiera dell’Italia alla cerimonia di chiusura della XV Paralimpiade di Rio dove ha vinto la medaglia d’oro nella prova individuale e la medaglia di bronzo nella prova a squadre.

Le chiediamo cosa è stato per lei vincere le Paralimpiadi: «E stata un’esperienza pazzesca! Le due vittorie hanno significato davvero molto, soprattutto il bronzo a squadre vinto con Andrea e Loredana, le mie compagne. La mia fIlosofia e: da solo non sei nessuno mentre con una squadra puoi andare lontano! Sono orgogliosa di far parte di questo team e sono stata felicissima di aver potuto condividere con loro quella medaglia!».

Bebe sostiene che un atleta è più avanti di chi non pratica sport perché è abituato ad affrontare ostacoli con diverse strategie e quando le chiediamo cosa significa per una persona disabile essere uno sportivo spiega: «Signifi ca mettersi in gioco e cercare di abbattere tutte le barriere sia fi siche che mentali».

Le barriere si abbattono, gli ostacoli si superano, le mete si conquistano, non servono le parole, basta guardarla! Anche se lei ribadisce «Devo tutto, però, al meraviglioso team che ho alle spalle, il quale mi aiuta e mi sostiene sempre!».

Dice che la malattia le ha cambiato la vita e si sente come nata un’altra volta. Per lei la libertà è la libertà di scelta, libertà di poter fare, anche oggi, ciò che ha tenacemente scelto, voluto e perseguito: essere una Campionessa e praticare lo sport che la appassiona.

Le chiediamo qual è il suo mito: «Ne ho moltissimi, ci sono davvero tanti atleti che stimo e a cui vorrei “rubare” una caratteristica. Tra tutti posso citare Alex Zanardi per la sua forza, Martina Caironi per la determinazione ed il magnifi co Dream Team, Valentina Vezzali per la sua concentrazione e la sua grinta, Arianna Errigo per la sua tecnica ed Elisa Di Francisca per la sua tranquillita».

Bebe era stata vaccinata per la meningite del ceppo A ma non per quella del ceppo B, che i medici avevano sconsigliato perchè troppo piccola. E invece la malattia l’ha aggredita in forma acuta e fulminea. Oggi è testimonial per le campagne di vaccinazione e ha posato per Anne Geddes a favore di una di queste. Sostiene attivamente che gli eventuali rischi che comportano i vaccini sono inferiori rispetto alla probabilità di contrarre la meningite.

Dopo le fatiche di Rio e il meritato riposo delle vacanze, Bebe è pronta a tuffarsi nella nuova avventura di un anno a Fabrica, il centro dei creativi Benetton dove si occuperà di campagne sociali. Poi, il prossimo anno, si iscriverà allo IULM di Milano, la Facoltà di Comunicazione e Lingue.

Bebe sprona tutti i giovani ad alzarsi dal divano e correre incontro al proprio sogno. «Vorrei dire (ai miei coetanei, ndr) di non mollare mai e di non lasciarsi abbattere dagli intoppi che possono capitare nella vita. Il futuro e tutto da scoprire!».

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