Lettera di P. Antonio M. Sicari per la Quaresima

A tutti gli appartenenti al Movimento Ecclesiale Carmelitano

Miei cari,

è appena iniziato il tempo di Quaresima, nel quale la Chiesa ci chiede sempre qualche “digiuno” e qualche “rinuncia penitenziale” che ci aiuti a rinnovare il nostro desiderio di Resurrezione, ma facendo seriamente compagnia a Gesù che soffre per noi sul Calvario.

Come argomento del prossimo Ritiro di Quaresima avevo suggerito ai diversi predicatori di sviluppare questo tema:

Non prevedevo certo che, poco dopo, le circostanze dovute all’attuale emergenza sanitaria, avrebbero chiesto ad alcune comunità non solo di rinunciare al Ritiro, ma perfino a qualche celebrazione sacra e allo stesso appuntamento eucaristico (per alcuni giorni).

Desidero perciò aggiungere per tutti qualche parola che sia di aiuto alla maniera di vivere le attuali circostanze.

Non credo sia necessario premettere che desidero come tutti di poter tornare a vivere con tranquillità tutti i momenti educativi di cui abbiamo tanto bisogno, e anch’io chiedo al Signore e alla Vergine Santa, nella preghiera, di venire in nostro soccorso.

Ma credo anche utile dirvi che, finché perdurano le attuali circostanze, non sia consigliabile la “reazione” di chi non vorrebbe essere privato di qualche bene sacro, al quale pensa d’aver comunque diritto.

Penso che ci sarà più utile vivere le indicazioni provvisorie della Chiesa per educare il nostro cuore e la nostra mente, usandole piuttosto per risvegliare in noi il senso di tanti doni immeritati ai quali rischiamo comunque di abituarci. Riscoprire “l’attesa, il desiderio, la “grazia” (nel senso proprio di un “dono gratuito” che potrebbe anche mancarci in certe circostanze).

Penso che nella storia della Chiesa ci siano stati molti tempi e luoghi in cui intere comunità cristiane sono state private dei sacramenti e hanno saputo reagire seminando nei cuori l’attesa e la preghiera familiare.

Nei secoli scorsi, in alcune nazioni, delle comunità cristiane han saputo coltivare la fede per secoli (e trasmetterla per parecchie generazioni) pur senza avere il dono dei sacramenti e della catechesi ufficiale della Chiesa.

E anche oggi, in varie parti del mondo, esistono comunità per le quali l’incontro con un sacerdote è una grazia attesa, nel pianto e nella gioia, per mesi e mesi.

Quel che mi auguro e vi auguro non è certo il perdurare delle difficoltà, ma che le possiamo vivere in compagnia di “Gesù abbandonato” (cioè: giunto là dove il Suo Amore si è fatto totale, sotto il velo della totale solitudine) sentendo crescere in cuore la certezza che “nulla ci potrà mai separare dal Suo amore”.

Insomma: nella certezza che a un di-più di difficoltà, risponderemo sempre non con un di-più di impazienza, ma con un di-più di desiderio.

Vi benedico tutti nel Signore,

P. Antonio Maria Sicari

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