S. Pasqua 2020
Miei cari,
vi scrivo il Giovedì Santo, festa del Sacerdozio e dell’Eucaristia.
Quest’anno tutte le celebrazioni sono difficili, ma noto tra noi un desiderio grande di realizzare esperienze di comunione (anche nella preghiera) con ogni mezzo possibile, curando perfino la bellezza delle trasmissioni. Quando ciò accade, esperimentiamo tenerezza e riconoscenza.
Molti hanno collaborato a questo, e tutti meritano il nostro grazie.
Così le parole (anche la Parola di Dio e dei suoi ministri) non ci sono mancate e ci hanno aiutato a meditare col cuore.
Ora vorrei aiutarvi a giungere alla Pasqua sciogliendo, almeno un po’, quella pena che tutti abbiamo dentro, non solo per le tante sofferenze, di cui siamo testimoni o partecipi, ma anche per una certa sofferenza dell’anima che non riusciamo a esprimere compiutamente.
Ogni volta che eleviamo a Dio le nostre preghiere, per chiedergli protezione e soccorso, c’è una piccola trafittura nel nostro cuore, che può essere espressa così: tra poco celebreremo la Resurrezione di Gesù, ma Lui risponderà alle nostre preghiere? Darà anche a noi un po’ di gioia e di vita, un po’ di festa e la possibilità di fraterne celebrazioni?
In fondo – lo vogliamo o no – ad ogni preghiera che innalziamo al Cielo, è un miracolo che chiediamo, nella speranza di vederne qualche segno.
Certo sapete bene che chiedere un miracolo con la certezza di ottenerlo, toglie al miracolo stesso la sua natura di dono.
Non possiamo, comunque, dimenticare che Gesù ci ha detto: «Chiedete e otterrete… Bussate e vi sarà aperto».
In questi giorni noi abbiamo pregato e abbiamo bussato umilmente, spesso, alla Sua porta.
Io non ho la capacità né la possibilità di darvi risposte immediatamente convincenti.
Una cosa, però, posso dirvela: il vero definitivo miracolo (quello della resurrezione) Gesù l’ha ottenuto dal Padre per tutti. E ci raggiungerà tutti.
Restano certo le pene, le domande e le preghiere di ogni giorno, soprattutto quelle di coloro che maggiormente soffrono e sperano ora in una risposta.
Sappiamo che i Cuori di Gesù e di Maria non possono essere insensibili, e che l’Amore di Dio non è venuto meno.
Possiamo allora essere sicuri che essi stanno anche pensando a come preparare per ciascuno di noi un affettuoso piccolo miracolo che ci aiuti a vivere.
Dobbiamo solo rinunciare a pretenderlo e a esigerlo secondo le nostre modalità e le nostre voglie.
Perciò il consiglio più buono e paterno che posso darvi è questo: d’ora in poi aggiungiamo, alle tante preghiere che già facciamo – umilmente, silenziosamente – anche questa semplicissima preghiera:
«Mio Dio, qual è il regalo che vuoi farmi? Te lo chiedo non per pretenderlo, ma per poterlo riconoscere. Intanto voglio dirti che Ti amo!».
A tutti un’affettuosa benedizione,
P. Antonio Maria Sicari