Una delle domande che mi sento rivolgere più frequentemente in questi giorni è: “Sei pronto?” o “Sei agitato?”. La ripetizione martellante di questi interrogativi mi ha costretto, dopo un po’, a pensarci davvero: sono pronto? Non mi pare. Eppure, perché non sono agitato? Credo che la risposta stia tutta qui: se c’è una cosa che ho imparato nel diaconato, durante quest’anno trascorso tra Brescia e Adro, è che la Chiesa con i sacramenti fa sul serio. La Chiesa, cioè, quando ti affida una missione in modo ufficiale – il matrimonio o una consacrazione –, ti dà tutto quello che serve per portarla a compimento. Si chiama “grazia”, e l’ho sperimentata.
L’ho sperimentata nella mia vita familiare, avendo due genitori santi non per loro virtù, ma perché hanno accolto la grazia del loro matrimonio, come il Signore chiedeva loro. L’ho sperimentata nei sacerdoti che mi hanno accompagnato in questi anni di formazione, e che ringrazio per la loro testimonianza. L’ho sperimentata nei numerosi amici laici, con i quali ho condiviso un cammino all’interno della grande famiglia del Carmelo. Potrei richiamare volti e nomi di fidanzati, sposi, e anche persone sole, che fanno della loro solitudine un punto di forza per spendersi dentro la grande famiglia del Movimento Ecclesiale Carmelitano. Questi nomi li ho cari, e sono loro le persone a cui chiedere, davvero, come opera la grazia di Dio. Se scavassi ancora, andando oltre l’esperienza di quest’anno, quanti altri nomi e quante altre testimonianze dovrei scrivere! Da Treviso, a Trento, a Brescia… Si farebbe tutta la storia del Movimento in compendio…
Io, nel mio piccolo, posso dire di aver visto fiorire il mio diaconato, iniziando timidamente a predicare e, ancor più timidamente, a insegnare alla scuola Madonna della Neve. La timidezza iniziale è stata presto superata, perché ho capito che quello che facevo non dipendeva dalle mie forze, ma era fondato sullo stesso Cristo che mi affidava quel compito. Anche il modo di relazionarmi con gli universitari è stato toccato dalla grazia. La nostra amicizia è certamente diventata più profonda, e dal mio punto di vista si è accompagnata a una forma di nascente paternità, che non avevo ancora esperimentato.
Ecco la ragione della mia tranquillità. Tutto quello che devo fare consiste semplicemente nel non mettere ostacoli a quel Dio che vuole fare cose grandi con me, nel non porre obiezioni sciocche, non intestardirmi, non chiudere vie che potrebbero condurre più vicino al Signore della vita uomini e donne che non avrei pensato. Tutto qui. È poco? No, è molto, e forse ci vorrà tutta la vita per abbandonarsi totalmente. Eppure non è impossibile, e il modo ce lo insegnano i nostri santi carmelitani, in particolare san Giovanni della Croce che sento particolarmente caro in questo momento della mia esistenza.
Nel partire per gli esercizi spirituali, queste certezze mi accompagnano, insieme – sono sicuro – alla preghiera di tutti coloro che, nel Movimento, hanno a cuore quell’amicizia in Cristo che unisce le diverse vocazioni, nate dal medesimo carisma.
Fr. Samuele Donà