Ormai da diversi anni vivo l’esperienza delle vacanze del MEC partecipando, a più riprese, alla sua progettazione ed organizzazione. L’intento della vacanza, dalle sue origini, è quello di creare luoghi di comunione, di favorire l’incontro, la nascita o il consolidamento di amicizie all’interno del MEC, di conoscersi tra comunità; di vivere relazioni buone che mettono al centro la persona, la relazione con Dio-Trinità, dentro quell’abbraccio che coinvolge ciascuno di noi: “un amico è una persona che non pensa solo a se stessa ma anche a me”. È cercare di tradurre nella realtà della quotidianità, vissuta insieme ad altre famiglie, ciò che durante l’anno, impariamo negli incontri di Scuola di Cristianesimo.
È un’esperienza ecclesiale: la presenza del sacerdote consente di vivere la giornata con momenti di liturgia, di preghiera, di ascolto della parola di Dio, di accostamento ai sacramenti che si inseriscono naturalmente nei suoi ritmi.
Negli ultimi anni è emerso un bisogno ancora più profondo dovuto all’emergere di relazioni familiari precarie o sbiadite, ferite da separazioni più o meno evidenti ma che segnano il cuore e la vita delle persone. Chiedono di partecipare alla vacanza anche famiglie e singoli non legati al Movimento. La caratteristica che è allora richiesta è ancor più missionaria, deve arrivare al cuore della persona, deve toccarla. La relazione di comunione io-tu-noi dove il TU è Cristo, abbiamo capito, deve accogliere la sfida di essere visibile, incontrabile, avvolgente, per diventare desiderabile e cercata. Dobbiamo diventare PANE SPEZZATO.
Con la Scuola di Cristianesimo, abbiamo imparato che solo Cristo può guarire il cuore dell’uomo e l’essere figlio è la condizione umile e privilegiata, necessaria, per lasciarsi prendere per mano da Lui, e poter con Lui camminare nei sentieri della vita da persona libera, consapevole, responsabile. La sfida è alta e le gambe tremano perché di fronte al bisogno ci si sente inadeguati, limitati; ma sentiamo forte la “chiamata” e consapevoli che il dono del MEC ricevuto gratuitamente, è per tutti come Cristo è per tutti, non possiamo che accogliere il compito.
Il DONO esige una risposta e una adesione, dato che l’Amore è sempre esigente. La famiglia ha la vocazione sacra di salvare il mondo; ora è proprio la famiglia ad essere attaccata e in pericolo. E’ attaccata la persona in quanto tale, la sua identità. Come rendere visibile l’Amore che accoglie e determina, sostiene la lotta e guarisce? Come mostrare un’evidenza provocante di persone convinte che Cristo è “in mezzo a loro”, al punto che diventi desiderabile cercare Lui? “Se vuoi educare all’Incontro con Cristo devi cominciare ad educare te stesso”, perciò il compito è chiesto per prima cosa a noi organizzatori.
Nel corso degli anni la nostra amicizia si è rafforzata, siamo diventati fratelli in Cristo, empatici, legati dal desiderio comune di vivere e offrire una bella esperienza di comunione e condivisione e ora, ancor più consapevoli che l’amicizia deve essere non solo umana, ma cristiana . Dobbiamo viverla prima di tutto noi, per poterla offrire. Abbiamo cercato di fare nostro ciò che Madeleine Delbrêl scrive della sua esperienza:”… Mi era accaduto l’incontro con parecchi cristiani … Parlavano di tutto, ma anche di Dio che pareva essere a loro indispensabile come l’aria. Erano a loro agio con tutti, ma con un’impertinenza che arrivava fino a scusarsene mescolavano in tutte le discussioni, nei progetti e nei ricordi, idee, messe a punto di Gesù Cristo. Cristo avrebbero potuto invitarlo a sedersi, non sarebbe sembrato più vivo …” Allora, noi per primi partecipiamo ai momenti di preghiera, alla messa quotidiana, alla visita a Gesù Eucaristia presente nella cappellina della casa-vacanza. Ci è chiesto di andare incontro all’altro, di accoglierlo, di ascoltarlo, di fargli spazio prima di tutto nel nostro cuore. Non molliamo, anche se vediamo i nostri limiti; ci perdoniamo e ripartiamo sapendo di avere un alleato, un Maestro che per primo si mette a disposizione per servire ed è questa la nostra forza, la persona su cui contare e a cui affidarci. Vivere un’amicizia perdonata, che ci è donata, consente di perdonarsi e di perdonare. Ricominciare ogni giorno da un “di più di dono”, uscire da se stessi, alzare gli occhi dal proprio ombelico, mettersi in gioco per far contenti gli altri, aspettare chi deve ancora arrivare anche se è notte ormai, spendersi perché il pranzo possa essere in tavola, rinunciare al bagno per ascoltare un amico e così via … tutto questo diventa bello e normale. E il miracolo della bellezza fiorisce nella vacanza. Allora accade che un gruppetto di adulti organizzino le gite non solo per la propria famiglia, ma per tutti i 70 partecipanti alla vacanza; chi controlla che la differenziata sia fatta correttamente; chi rinuncia quasi sempre alla spiaggia per fare la spesa; chi aiuta i bambini a pregare, chi non è segnato in turno, ma è sempre alla lavastoviglie, i ragazzi che preparano la torta per tutti, gli adolescenti che lavano i piatti con gli adulti e intanto familiarizzano con loro, i papà che preparano i giochi in spiaggia per tutti … e così via. Insomma tutti si mettono in gioco e quando fanno qualcosa, la fanno per tutti. È grazia divina donata e ricevuta a piene mani. E ne siamo grati e felici, noi per primi. Le persone sono contente. Nell’assemblea di fine vacanza, un’amica, docente nel mondo della scuola e che non conosceva il MEC, dice :”… ho visto il potere della condivisione, dell’accettazione, dell’inclusione. Ho sperimentato che in questo mondo storto, fiaccato da relazioni frettolose e superficiali, pieno di vuoti d’aria e di ansie, c’è ancora posto per l’umanità … abbiate cura di splendere …”.
Un’altra amica, che non conoscevamo, venuta con la sua bambina dice : “Nessuno ha tempo per me perché nessuno ha più tempo per gli altri, tutti presi dalle loro cose, affannati, stressati. Sono stupita e commossa della vostra accoglienza, dell’ascolto, dell’amicizia che mi ha coinvolta e avvolta …” Carmen, un’amica disabile, mi aveva confidato che aveva bisogno di amicizia e per questo chiedeva di partecipare alla vacanza con il marito e, siccome desiderava sollevare dal lavoro la figlia, avrebbe portato anche i nipotini … La casa non è attrezzata per disabili … insieme abbiamo affrontato la fatica dei movimenti … gli amici che erano lì hanno costruito degli scivoli in legno … all’assemblea dice: “Alcuni di voi li conoscevo già, altri no, ma sono commossa da come tutti mi hanno accolto con simpatia e disponibilità, mi hanno aiutato. Hanno reso la mia vacanza, quella di mio marito e dei miei nipotini, bella! Ve ne sono grata!”. È il miracolo che accade quando ci si mette al servizio di Cristo come servi inutili e tutti i partecipanti, sono stimolati a coltivare il desiderio di incontrare l’altro. Torniamo a casa con l’anima arricchita, piena dell’INCONTRO.
Claudia Tullio Rungatscher