Vacanza studenti MEC a Bormio 2000
Ogni volta che finisce un’esperienza come quella di una vacanza con gli studenti (quest’anno 110 ragazzi da tutte le comunità dell’Italia a Bormio 2000), provi sempre una sensazione incredibile di pienezza e di stupore: pienezza capace di saziare davvero il cuore e la vita; e stupore per il fatto che ti rendi conto che questa nostra storia è chiaramente abitata da un Altro, da Gesù che dà la vita in pienezza.
Proprio questo è stato il tema della nostra vacanza: “You are my Life” (“Tu sei la mia vita”), evidentemente con il desiderio di restare sulla scia degli ultimi Esercizi Spirituali che avevano avuto come titolo “Per me vivere è Cristo”.
Nelle omelie e negli incontri abbiamo puntato l’attenzione proprio su queste due parole così importanti: Tu e Vita, con una domanda sempre davanti agli occhi: “Per chi vivi veramente?”. Lo scopo era che pian piano i ragazzi entrassero dentro il loro cuore e lo prendessero sul serio per rendersi conto che la vita è vera e bella se scopri di essere amato e se ami e non se stai sempre attento ai piccoli capricci del tuo io.
Le Lodi, recitate sempre all’esterno circondati da un meraviglioso paesaggio che ci ha permesso di riempirci gli occhi di Bellezza, sono state l’occasione per rivolgere al Signore, giorno dopo giorno, una preghiera diversa.
Una mattina abbiamo chiesto: “Donaci oggi, Signore, di avere uno sguardo non banale: non occhi che si fermano distrattamente sulle cose e sulle persone, ma che siano capaci di guardare il mondo e pensare a Te”; oppure “Signore, io ti credo. Ma tu aiutami nella mia incredulità!”, spiegando ai ragazzi che questa è la preghiera autentica del cristiano. Un cristiano non è che non abbia fatiche e dubbi, ma semplicemente decide nella vita di non voler risolvere tutto da solo, emozionalmente o umoralmente, ma davanti a Dio; un cristiano capisce che la vita, con le sue questioni serie e semplici, va vissuta in compagnia di un Amico che non tradisce, di un Amico che ti dona la vita ogni giorno.
Non sono mancati i giochi, la caccia al tesoro, i film con dibattito annesso (su argomenti seri e concreti come il fine-vita e l’eutanasia), la musica, le serate organizzate dagli stessi ragazzi e le passeggiate.
A proposito di quest’ultima, due sole parole per la gita di 8 ore in montagna, da quota 2000 a 3000: fatica e bellezza. I nostri ragazzi le hanno sperimentate entrambe… d’altronde non esiste Bellezza senza fatica. Così in montagna. E così nella vita!
Tre gli incontri-testimonianze che hanno dato una ricchezza in più al nostro stare insieme: per primi abbiamo avuto la Grazia di incontrare una coppia di giovani sposi veronesi, Riccardo e Daniela con i loro tre figli. Hanno testimoniato ai ragazzi che cosa voglia dire una vita veramente piena di senso e felice; e lo hanno fatto a partire dal racconto della loro stessa vita piena di buio e di ombre nel periodo della giovinezza fatta di eccessi, errori, peccati (quegli stessi che i nostri ragazzi conoscono e a volte vivono): una vita alla ricerca continua di nuove emozioni, ma con il cuore sempre inquieto e vuoto. Fino al momento in cui le circostanze stesse della vita – alcune anche dolorose – li hanno costretti a guardarsi dentro, a fuggire da quel finto successo che avevano conquistato per trovare in Cristo il senso di tutto, nella consapevolezza che una vita ha senso ed è piena solo con Lui. Hanno spronato i ragazzi con queste parole: “Se mi tolgono Cristo, mi tolgono la vita!” e anche “Chiedetevi sempre quale è il sogno di Dio sulla vostra vita e abbiate coraggio nel realizzarlo”.
È stato un momento veramente toccante che ha coinvolto nel profondo i ragazzi. D’altronde, quando qualcuno viene e ti racconta la propria vita ti sta facendo il regalo più grande: la vita stessa.
Il secondo incontro è stato con gli amici di Iseo della “Nuova Cordata”, un’associazione che si prende cura di ragazzi con la sindrome di Down presso cui, con alcuni studenti, andiamo a vivere l’esperienza della Caritativa. Sette dei loro ragazzi e due responsabili hanno vissuto con noi un momento speciale dove l’attenzione è stata puntata sullo sguardo e sulla dignità della persona: “Come sto davanti a chi è in difficoltà? Capisco che ogni vita è preziosa? Sto provando a guardare ogni uomo come Gesù ci guarda?”. In una sorta di gioco di ruolo, gli studenti si sono confrontati tra loro su queste domande, comportandosi e ragionando da veri adulti, da adulti sani, senza grida o voglia di fare valere la propria posizione, ma con il desiderio di aiutarsi e di collaborare.
Chiaro l’intento: ripulire lo sguardo degli occhi e del cuore! Un bel lavoro da fare: per i nostri ragazzi, ma soprattutto che dobbiamo fare noi adulti.
Se la nostra esistenza è preziosa, allora è preziosa ogni vita umana e non solo la mia! E allora ecco che sono venuti a trovarci tre ragazzi africani, migranti rifugiati, che hanno raccontato la loro vita, le loro ferite, le loro sofferenze e l’arrivo in Italia.
Un cristiano non chiude gli occhi di fronte a quanto accade.
Ci è sembrato utile e importante aiutare i ragazzi a riflettere, bombardati come sono (e come siamo) da tante notizie che vengono da ogni parte; aiutarli soprattutto a capire che, prima di ogni giudizio, è importante conoscere le situazioni, informarsi, confrontarsi e costruire un proprio pensiero a partire da quei valori cristiani e umani che abbiamo dentro e che sono il nostro DNA.
Tutti, responsabili e ragazzi, ci siamo lasciati toccare dalla vita di questi ragazzi, ci siamo lasciati ferire dalle loro ferite, con il desiderio di voler guardare e di non voltare lo sguardo altrove.
Perché tutto questo? Semplicemente per prendere sul serio quel Gesù che ciascuno di noi – ogni uomo – ha dentro. E Gesù davanti al dolore si ferma, non passa oltre. Gesù vede, si ferma e tocca.
Vedere, fermarsi, toccare: piccoli gesti, ma i primi necessari perché il mondo nuovo abbia inizio.
Abbiamo riflettuto con i nostri ragazzi sul fatto che se non vedi, non ti fermi, non tocchi, le persone prima o poi diventano un problema, anziché “fratelli in Cristo”. Se vedo, mi fermo e tocco, forse non cambierò il mondo ma metto nel mio cuore l’idea che le lacrime degli altri hanno dei diritti su di me, che io non abbandono chi ha bisogno di me. Che il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza, cioè quando niente ti tocca più, neppure le lacrime e il dolore degli altri.
La nostra vacanza è stata tutto questo e molto di più. È finita…ma non finisce qui! Non una parentesi, ma l’inizio di una storia che vogliamo vivere con Lui in mezzo.
Italo Calvino scriveva:
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio” .
Noi vogliamo che questa casa del MEC sia proprio per ogni persona quel piccolo pezzo di Cielo, che inferno non è.
E farlo durare e dargli spazio.
Padre Rosario Bologna, ocd
Alcune immagini della vacanza (clicca per ingrandire)